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lega e vecchi metodi.

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Messaggio Da Fast Mar Apr 21 2009, 10:56

abbiamo sentite tante nei giorni scorsi, per giustificare il rinvio di un referendum che, qualora prevalessero i sì, vedrebbe ridimensionato il ruolo di qualche partito che oggi vive di ricatti quotidiani, imponendo al centrodestra leggi improbabili e deleterie.
Secondo tali illustri “statisti”, sarebbe addirittura incostituzionale accorpare il referendum abrogativo e le elezioni europee. In realtà di tratta della solita mania di tirare in ballo la Costituzione per sostenere ragionamenti di tipo politico.
La Costituzione sul punto specifico non dice nulla. Mentre la legge 352 del 1970, che fornisce i dettagli per lo svolgimento del referendum abrogativo, si limita a vietare che nello stesso anno si svolgano il referendum e le elezioni per il parlamento italiano. Solo questo.
La ragione sta nell’evitare che una specifica questione, quella oggetto del referendum, possa attirare tutta l’attenzione degli elettori, che devono invece votare un partito, tenendo presente l’insieme delle questioni politiche.
Inoltre il referendum abrogativo riguarda le leggi, di cui è autore il parlamento italiano. Quindi si tratta di evitare che il giudizio elettorale sul parlamento si confonda con il giudizio su una specifica legge da questo prodotta.
Impossibile stiracchiare la volontà del legislatore fino a vietare l’accorpamento tra referendum e votazione europee o amministrative, nelle quali il parlamento italiano nulla c’entra.
Passiamo all’altro argomento, quello del raggiungimento del quorum necessario per la validità del referendum, previsto dall’art. 75 della Costituzione.
Alcuni hanno forzatamente dedotto, a loro uso e consumo, che tale quorum debba essere raggiunto genuinamente, in un voto isolato, senza che la consultazione possa beneficiare di aiuti o “effetto traino” che si avrebbe invece con l’accorpamento con altre elezioni.
In realtà l’art. 75 non dice affatto questo. Riempire i silenzi della Costituzione secondo le proprie convenienze politiche non sembra certo corretto.
L’elettore chiamato a votare nella stessa domenica per il referendum e per un’altra consultazione, potrebbe benissimo rifiutare la scheda del referendum, evitando così di contribuire al raggiungimento del quorum.
Si obietta che lo farebbero in pochi e che rifiutare la scheda significherebbe rivelare la propria scelta, in contrasto con la regola costituzionale della segretezza del voto.
Ma l’obiezione, come dicono i giuristi, prova troppo.
Ragionando così, allora, anche stare a casa in occasione del referendum potrebbe palesare l’intento di affossarlo. Mentre stare a casa e rifiutare la scheda sono due comportamenti che rivelano semplicemente chi preferisce, del tutto legittimamente, l’astensione.
Se poi consideriamo che la Repubblica italiana è nata il 2 giugno del 1946 da un referendum istituzionale che è stato celebrato in contemporanea con le elezioni dell’Assemblea costituente, è detto tutto circa l’interpretazione da dare alla volontà del legislatore.
Pertanto che qualche statista alla Calderoli venga a insegnarci diritto costituzionale fa sorridere, se non fosse che a costui è stato pure dato un “ruolo riformatore”: se fosse stato vivo Miglio lo avrebbe inseguito dal Monviso fino al delta del Po.
Se qualcuno aveva paura del referendum perché ne avrebbe annullato il potere ricattatorio ( vedi crisi di governo minacciata) e avrebbe ridotto le cadreghe su cui posare le chiappe padane, lo dica apertamente, senza trovare scuse e tirando in ballo la Costituzione che c’entra come i cavoli a merenda.
Noi siamo contrari al quesito posto dal referendum, ma mai avremmo impedito al popolo italiano la libertà di esprimersi anche con un sì.
Avremmo cercato di argomentare semplicemente per il no.
Questa è l’onestà intellettuale in politica, altra cosa i miserabili artifici che vanno di moda in via Bellerio per stare attaccati alle poltrone.
La Lega è il partito più vecchio e sta dimostrando tutti i suoi anni e la sua rete di interessi localistici. Nonché una classe dirigente che interpreta perfettamente l’anima della Prima Repubblica…non a caso centinaia di dirigenti idealisti, una volta capito l’andazzo, hanno nel tempo alzato i tacchi dalla tavolata dove si pensa esclusivamente alla spartizione della torta.
(destradipopolo)
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