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Relativismo etico

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Messaggio Da Mario Giardini Mar Lug 08 2008, 23:56

“Culture differenti generano, in ultima analisi, credenze morali incompatibili. E’ privo di senso sostenere che un insieme di tali credenze è corretto, mentre un altro è errato. Ciò è comunemente definito relativismo etico. Poiché comunità differenti hanno differenti codici morali, è impossibile determinare criteri oggettivi per giudicare quali codici sono giusti, e quali sbagliati. L’asserzione è duplice. Da un lato, si sostiene che comunità differenti generano, in ultima analisi, codici morali difformi. Dall’altro, che non esiste un criterio di verità oggettivo che permetta di discernere quali codici sono giusti, e quali sbagliati.”
La diversità dei codici non giustifica l’incapacità, o il rifiuto, di attribuire ai comportamenti il loro peso specifico.
Non mi sogno di imporre il colore bianco per un abito da lutto laddove il simbolo accettato e condiviso è il color nero. Se un uomo prega inginocchiato in chiesa, oppure rivolto alla Mecca, ciò non mi induce ad agire e neppure a commentare o a stabilire un criterio per definire l’una la preghiera giusta e l’altra quella sbagliata.
Ma se un Testimone di Geova adulto, nel pieno possesso delle sue facoltà mentali, rifiuta una trasfusione di sangue che può salvargli la vita, ed io sono un medico occidentale, è nel mio pieno diritto, nonché dovere, di pormi una questione morale: se intervenire e salvargli la vita a forza, o lasciarlo morire. Personalmente, interverrei, ma capirei anche l’altra posizione: è adulto, è cosciente di ciò che fa, lasciamoglielo fare.
Ma se tale adulto è il padre di un bambino di tre anni al quale egli rifiuta la trasfusione, nessuna persona di buon senso ha il diritto alla neutralità: la trasfusione si fa. Anche con la forza. Perché? Perché qui si scontrano un certo numero di principi fondamentali. La libertà dell’adulto a seguire il proprio credo. La necessità di tutelare chi, per età o capacità intellettuale, non può tutelarsi da sé. Il diritto di un terzo individuo, il medico, a seguire il codice morale della propria professione, che gli impedisce di recare danno consapevolmente ad un altro essere umano indifeso.
Gli uomini interagiscono fra di loro. I sistemi di credenze, la morale, il sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato, si modificano nel tempo per reciproca interazione. L’interazione non è un fatto astratto, ma fisico, reale, visibile. In ogni momento della nostra vita facciamo delle scelte, che a volte sono scelte morali. La comprensione delle motivazioni che sono alla base dei comportamenti umani non ci esime dal dovere etico di valutarli, non solo per ciò che sono, ma per le conseguenze che ne derivano.
In particolare, un punto fondamentale è il diritto che gli adulti si arrogano di tramandare, mediante l’insegnamento ed i propri atti, il loro personale sistema di credenze ai propri figli.
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Messaggio Da reny54 Mer Lug 09 2008, 02:47

Mario Giardini ha scritto:“ Culture
differenti generano credenze morali incompatibili … differenti codici morali
impediscono la determinazione di criteri oggettivi per giudicare quali codici
sono giusti, e quali sbagliati



La diversità dei codici non giustifica l’ incapacità, o il
rifiuto, di attribuire ai comportamenti il loro peso specifico.



Il peso specifico allora secondo me lo può dare solamente
il codice morale di una cultura terza, tipo la nostra.


Mario Giardini ha scritto:" Non mi sogno di imporre il colore bianco come lutto o
definire una preghiera giusta o
sbagliata laddove il simbolo o il criterio è accettato e condiviso ".


Questo riguarda fattori di sovrastruttura, se così si
possono definire.


Mario Giardini ha scritto:" Ma se un Testimone di Geova adulto, nel pieno possesso
delle sue facoltà mentali, rifiuta di salvarsi la vita, o rifiuta la
trasfusione al figlio di tre anni, io come medico e persona occidentale sono nel mio pieno diritto, nonché dovere,
di pormi una questione morale : la trasfusione si fa. Anche con la forza. Perché
? Perché qui entrano in gioco principi fondamentali ".




… principi strutturali. Nel suo Paese applicherei un
codice soggettivo che mi troverebbe in difetto. Nel mio Paese, il codice morale
mi obbliga ad intervenire per impedire che venga recato danno consapevole ad un
altro essere umano indifeso o no.


Mario Giardini ha scritto:" Gli uomini interagiscono fra di loro … Ciò che è giusto e ciò
che è sbagliato … si modifica nel tempo
per reciproca interazione … di scelte, che a volte sono scelte morali e che non
ci esimono dal dovere etico di valutarle … per le conseguenze che ne derivano.




Bene allora, per me, fa l’ America come ho già avuto modo
di dire, nel lasciare tutte le sovrastrutture che si vuole e magari anche
qualcosa di più,
ma la struttura, i principi fondamentali a casa loro te li
danno le loro leggi, la loro costituzione e, come quando giuri sulla Bibbia, la
loro cultura con i suoi codici morali. E’ la loro etica che a casa loro, con i
figli che hanno educato in un certo modo, valuta le scelte morali che la gente fa.



E’ per questo che per me è un abominio che l’ Europa disconosca
le sue radici cristiane, al di là delle critiche o degli appoggi che uno può
dare o non dare, sempre o in modo alterno, alla Chiesa degli uomini.



Opinione personale.
Serena notte.

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Messaggio Da Tolly Mer Lug 09 2008, 11:22

Mario Giardini ha scritto:
In particolare, un punto fondamentale è il diritto che gli adulti si arrogano di tramandare, mediante l’insegnamento ed i propri atti, il loro personale sistema di credenze ai propri figli.


Quello che qui si definisce arroganza, è in realtà lo scopo per il quale l' uomo socializza, si unisce in tribù e intrattiene rapporti diversi.
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Messaggio Da Ospite Gio Lug 10 2008, 18:10

secondo me in alcune societa' si e' arrivato all'effetto "cipolla", in altre no.

nel senso che nella nostra societa', tutto viene messo in discussione, e parecchie impalcature sono state (e vengono tuttora) via via tolte.
cosi' ci si formalizza meno per cose che solo 100 anni fa avrebbero destato scandolo.
probabilmente il nostro problema e' quello di riuscire a trovare il nocciolo. solo che una cipolla il nocciolo non ce l'ha quindi continuiamo a sfogliare la cipolla infinita e non ci accorgiamo che noi siamo gli strati che via via togliamo, e che il nocciolo probabilmente e' microscopico e contiene una parola sola: "sopravvivere".

in altre culture, specie quelle che hanno la morale collegata alla religione, questo effetto cipolla non c'e'. nel senso che esiste l'immobilita'. l'antieticita' del cambiamento eretta a sistema. chi cambia e' contro, e va distrutto.
questo genera degli assurdi incredibili, tipo quelli dei Geovani, dove la vita e' meno importante di un versetto della bibbia.
ma genera anche costumi che si tramandano, tipo il velo per le musulmane, la barba e i baffi per gli ebrei e i musulmani, e le palandrane nere col cappellone gigante per gli ebrei.
o il turbante per i sikh dell'india.

per quelle civilta' non esiste relativismo etico.
esiste immobilita' etica.

secondo me e' questa la nostra differenza, piu' che nel risultato. noi siamo disposti a metterci in gioco. loro no. e nemmeno si sognano.

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Messaggio Da Mario Giardini Gio Lug 10 2008, 21:04

Grifo ha scritto:per quelle civilta' non esiste relativismo etico.
esiste immobilita' etica.

secondo me e' questa la nostra differenza, piu' che nel risultato. noi siamo disposti a metterci in gioco. loro no. e nemmeno si sognano.
Non sono d'accordo. Noi non ci mettiamo in gioco, abbracciando il relativismo etico. Esattamente il contrario: non assumiamo posizione su nulla. Dire che tutto va bene, significa dire nulla. Un po' come diceva Borges: essere tutti gli uomini significa non essere nessuno di essi.
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Messaggio Da Ospite Gio Lug 10 2008, 21:05

uh uh.
senza vergognarmene posso tranquillamente sollevare bandiera bianca ed ammettere che non avevo capito un cazzo.

tempo di approfondire. ci rivedremo (spero). Embarassed

Ospite
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Messaggio Da gbg Dom Lug 13 2008, 01:47

Ho preso uno spunto per questo articolo.
Grazie, mario.


Eluana
(3600 battute) di Giordano Bruno Guerri
La vita è sacra, è vero. Questa affermazione di principio, però, perde senso e valore quando si passa a considerare non la vita in generale, ma quella di chi è ridotto allo stato vegetativo: cessate le funzione cerebrali, senza coscienza, nutrito a forza, il corpo inerte collegato a macchinari che fanno proseguire artificialmente, forzatamente, un’esistenza che di umano non ha più niente, se non il dolore. Due anni fa, quando Piergiorgio Welby chiedeva di morire, ci fu chi sostenne che quando un uomo soffre fino al punto di desiderare la morte, gli si deve far capire che la vita può essere bella proprio grazie all’amore degli altri. Parole belle quanto astratte, che suonano come imposizione dell’amore, come privazione della libertà di scegliere tra un bene universale e teorico e un "male" individuale e liberatorio: la scelta di morire. Invece Giovanni Paolo II, nell’enciclica Evangelium vitae, del 1995, sostenne che è giusto lasciare al malatouna certa autonomia decisionale sull’ostinazione terapeutica: "E’ lecito sospendere l’applicazione delle cure quando i risultati non corrispondono all’aspettativa". E fin qui abbiamo parlato di individui malati e però capaci di decidere se davvero valga la pena di essere vissuta un’esistenza senza prospettiva se non altro dolore, altra impossibilità a agire persino nei gesti più semplici e quotidiani, altra dipendenza da uomini e macchine che lo costringono a vivere contro il suo desiderio di resa, di fine, di pace.
Eluana non poteva neanche scegliere, non poteva scegliere niente, neppure se aprire o chiudere gli occhi. Aveva bisogno di qualcuno che la amasse abbastanza per liberarla, sicuro che lei avrebbe voluto così. E nessuno poteva saperlo meglio di suo padre, che per anni si è battuto per dare la pace al corpo inerte di sua figlia.
C’è chi parlerà di inaccettabile "relativismo etico", perché la vita va difesa sempre e comunque. Non sono d’accordo. Proviamo a fare un esempio a rovescio, quando si tratta di difendere una vita, invece che di concedere una morte: se un testimone di Geova adulto, in base sua fede, rifiuta una trasfusione di sangue che lo salverebbe, possiamo riconoscergli questo diritto. Se invece quello stesso testimone di Geova volesse impedire la trasfusione che salverebbe un suo figlio di due anni, la trasfusione verrebbe fatta contro la sua volontà. Il relativismo etico non c’entra, qui si tratta di difendere i diritti dell’individuo, in particolare del più debole. E così dev’essere anche per l’eutanasia. Infatti la corte milanese che ha ammesso la possibilità di "staccare la spina" a Eluana, si è basata su una sentenza della Corte di cassazione del 16 ottobre dell’anno scorso, dopo il caso Welby: è stata riconosciuta l’irreversibilità dello stato vegetativo di Eluana e dimostrato che la ragazza avrebbe preferito morire piuttosto che vivere in quello stato. Continuare tenerla in vita significherebbe soltanto continuare a andare contro i suoi diritti, che le sono già stati negati per tanti, troppi anni.
A Eluana è stato fatto un torto lungo sedici anni di inutile strazio. C’è un solo modo per evitare che questo dolore si ripeta in altre famiglie, senza costringerle a interminabili cause in tribunale. In Parlamento giace da anni la proposta di legge di Umberto Veronesi sul testamento biologico, una proposta che dovrebbe venire discussa al più presto. Grazie al testamento biologico ogni cittadino potrebbe decidere, nel pieno delle forze e della salute, se in caso di malattia incurabile si possa esercitare su di lui quell’"accanimento terapeutico" più simile a un’offesa alla vita che a una sua difesa.
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Messaggio Da Ospite Dom Lug 13 2008, 01:57

.

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Messaggio Da Mario Giardini Lun Lug 14 2008, 10:53

[quote="gbg"]Ho preso uno spunto per questo articolo.
Grazie, mario.

Prego.
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