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Mao e le olimpiadi

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Messaggio Da gbg Mar Ago 12 2008, 15:55

Mao addio (4100 battute) di Giordano Bruno Guerri

I simboli
hanno sempre diverse possibili letture, e non fa eccezione quel globo
circondato da cinesi nel National Stadium di Pechino, ormai celebre
come “Nido d’Uccello”. Il significato che gli si voleva dare era
(speriamo) benigno, ovvero un affettuoso abbraccio, un girotondo
intorno al mondo dei cinesi festanti. Ma molti, in occidente, gli hanno
dato di certo un’interpretazione più angosciata e angosciante: un
miliardo e trecento milioni e passa di cinesi che assediano la Terra,
pronti a conquistarla con il loro numero imponente, con la loro mano
d’opera a bassissimo costo, con la loro voglia di espandersi in ogni
senso e direzione; e, soprattutto, con la pericolosità del loro regime,
che se per molti versi ha abbandonato il fallimentare credo comunista,
per molti altri fa ancora ragionevolmente paura.

A proposito di simboli, allo Stadio Nazionale ne mancava uno, che per
decenni ha rappresentato la Cina e il suo popolo, quel ritratto del
“Grande Timoniere” Mao Tse-tung che in occidente viene visto come un
incubo dai più, ma come un messia da chi crede ancora nel marxismo
applicato, magari in salsa cinese. Non facendo apparire quel ritratto,
i governanti di Pechino hanno voluto dare un segno rassicurante e
distensivo all’Occidente, quasi un premio a quei capi di Stato che
hanno presenziato alla cerimonia, nonostante la mancanza di democrazia,
la questione tibetana, le dissidenze soffocate con la forza e con la
censura, la pena di morte applicata come il più spiccio dei rimedi per
i mali interni. Tutti motivi che avrebbero sconsigliato la presenza di
capi di Stato e di governo, e bene ha fatto chi – a differenza di Bush
e di Sarkozy – ha evitato un omaggio che da sportivo si è trasformato
inevitabilmente in una specie di consenso politico.

Eppure la scomparsa di quel ritratto non rassicura. Mao, infatti, non
era soltanto un capo comunista, ma soprattutto il Padre della Patria, e
come tale mai del tutto rinnegato. Mao fu il capo vittorioso nella
guerra civile che oppose i comunisti ai nazionalisti, e la sua “lunga
marcia” è una delle vicende più epiche della storia moderna. Proclamata
la Repubblica Popolare Cinese nel 1949, la guidò fino alla morte, nel
1976. I suo sforzi per unificare il Paese e modernizzarlo furono pari
alla crudeltà che adoperò per stroncare ogni possibile opposizione e
per imporre quella “dittatura del proletariato” che avrebbe
entusiasmato molti giovani e meno giovani occidentali, sedotti dal suo
Libretto rosso ai tempi della “rivoluzione culturale”, combaciante con
il 1968. Nei lunghi anni del suo potere, vi furono decine di milioni di
morti per cause non naturali, fame compresa. Neanche quel che si
apprese dopo la sua morte (per esempio l’abitudine di farsi procurare
ragazze adolescenti per rallegrare la propria vecchiaia) riuscì a
scalfire il suo mito fra molti comunisti di molti Paesi: e basti
ricordare, per l’Italia, Enrica Collotti Pischel, Dario Fo, Maria
Antonietta Macciocchi, Rossana Rossanda.

Allora, perché non rallegrarsi – e basta – per la scomparsa del “Grande
Timoniere” dall’apertura dei giochi? A mio parere perché, in assenza
del faccione di Mao, sulla tribuna d’onore dello Stadio Nazionale
spiccavano visi e espressioni dei nuovi governanti cinesi che, sia pure
in abiti borghesi, ricordavano quelli delle parate sulla Piazza Rossa
ai tempi di Breznev o quelle di piazza Tienanmen ai tempi di Mao. E non
si tratta soltanto di una questione somatica o antropologica: quello
che abbiamo visto in tv era la rappresentazione di un regime
autoritario senza padre. Un padre di cui gli stessi cinesi, negli
ultimi anni, hanno riconosciuto più le colpe che i meriti, ma proprio
per questo una padre-simbolo da ricordare per evitare di ripeterne gli
errori, mutatis mutandis.

Un regime autoritario senza padre – da processare per riconoscergli i
meriti della ritrovata unità, ma da cui rifuggire per il resto – è un
regime senza storia: passibile dunque di ripetere, aggiornandoli, colpe
e errori del passato. Dimenticare Mao, è un modo per non fare i conti
con la storia, dunque con il presente e con il futuro.
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Messaggio Da Cagliostro49 Mer Ago 13 2008, 20:19

Infatti Vate,avevo notato anche io questa lacuna durante la bellissima cerimonia di apetura. Ma non avendo la tua sagacia,non mi ero dato una risposta.

Meno male che ci sei.
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